12/06/11

La nostra Maria Saba




Venerdì scrissi:

"Cara Saba,

solo una settimana fa ti ho mandato un biglietto per dirti che ci mancavi e di farti sentire e invece oggi stiamo qui a celebrare i tuoi funerali, te ne sei andata silenziosa senza dirci più niente.

È una strana sensazione e non riesco ancora a capire cosa è successo, che non ti incontrerò più, almeno non in questo mondo.

Ho pensato che farebbe piacere ai tuoi, tua sorella e i tuoi figli che stanno così lontano dalla Svezia di sapere qualcosa della tua vita quotidiana qui e dei tuoi amici, anche quelli fuori della chiesa.

Noi ci conosciamo ormai da anni, siccome il tuo parrucchiere "di fiducia" è il mio collega e così abbiamo avuto occasioni di chiacchierare, a volte tutti e tre ma spesso solo noi due. Venivi in cucina da me per prendere un caffè e fare due chiacchiere, a volte ti aiutavo a prenotare biglietti per i tuoi pellegrinaggi, altrimenti rifiutavi sempre aiuti e regali, mi ricordo una volta quando ti avevo comprato una confezione di caffè, mi hai fatto promettere di non mai più fare una cosa del genere, mentre tu, invece, ci portavi sempre dolci, panini, il panettone per Natale ma secondo te era tutta un'altra cosa.

Così, chiacchierando, ho anche saputo della tua storia di vita che per una come me che viene da un paese che non ha subito guerra civile, occupazioni o altri grandi cambiamenti negli ultimi secoli era quasi incomprensibile e così diversa dalla mia. Mi ha colpito molto che tu, nonostante le difficoltà vissute nella vita ed i familiari sparsi per tutto il mondo, non hai mai perso il tuo buon umore e la capacità di scherzare e sempre pensare agli altri, mai a te stessa. L'unica volta che ti ho visto veramente giù è quando è scomparsa tua mamma, da quel momento forse hai incominciato ad indebolirti un po' e perdere le forze.

Forse è stata la tua religione, il tuo credere in Dio a darti la tua forza eccezionale, credo proprio di sì. Come bene sai, non condividevo la tua religiosità ma la rispettavo come tu rispettavi il mio atesimo o meglio il mio credere nel mio Dio personale senza chiese e parroci. Scherzavamo spesso della mia passione per l'Italia e per la Sicilia in particolare, mi davi il soprannome 'La siciliana' oppure quando telefonavi per prendere un appuntamento incominciavi sempre le telefonate con "Professoressa", riferendoti ai miei studi all'unjversità, perché quando sei venuta al negozio mi trovavi più spesso con i libri scolastici lì in cucina che fuori a fare i capelli a una cliente. Mi ricordo che parlavamo di come sarebbe stato bello andare insieme in Sicilia a Tindari (dove sono già stata io, in mezzo ai pellegrini) a salutare la Madonna nera, nera come te, ma non è mai successo come tante altre cose in vita di cui si parlano.

Oggi ti saluterò per l'ultima volta, l'ultima volta perché so che non ti vedremo mai più entrare nel negozio, posare gli occhiali da sole sul banco come facevi sempre appena entrata per poi subito andare in cucina con la busta con dolci che ci portavi sempre.

Tutte queste immagini di te non scompariranno mai come non faranno neanche l'affetto e la simpatia che accompagneranno sempre le nostre memorie di te. So che non parlo solo nel mio nome ma anche nel nome del mio collega a cui pensavi sempre, soprattutto nei momenti più difficili della sua vita, mandando telegrammi di condoglianza quando sono scomparsi suo padre e sua mamma. Come detto prima, pensavi soprattutto agli altri, mai a te stessa, testiomoniano anche i tuoi numerosi figliocci, ne hai più della nostra principessa ereditaria. Ho incontrato alcune di essi quando ti abbiamo visitato all'ospedale e ho visto il loro amore e affetto per te.

Che sia lieto il tuo viaggio, cara amica.

Karin."


Il funerale è stato bello e doloroso. Bello vedere la chiesa strapiena e i preti provenienti da diversi paesi, la cerimonia si è svolta sia in inglese che svedese e italiano. Hanno parlato di te e la tua vita, nata in Eritrea in famiglia cattolica con il desiderio di diventare suora, invece hai sposato un ministro del governo etiopico di cui hai avuto quattro figli. Poi la guerra, lui incarcerato, la fuga in Italia per poi finire in Svezia dove hai cresciuto da sola i figli che da grandi sono andati tutti negli USA per studi e lavoro. Sei rimasta sola e hai dedicato la tua vita ai profughi, ti chiamavano 'Mamma Saba' perché eri la mamma di tutti e sapevi cosa significava lasciare tutto.


Oggi sono andata di nuovo in chiesa perché facevano la messa per te. Se l'altro giorno ero complettamente distrutta e addolorata oggi ne sono uscita con un sorriso sulle labbra. Il nostro amico napoletano aveva scritto una canzone dedicata a te e dopo la messa siamo rimasti tutti a prendere un caffè insieme, ho pure chiacchierato con il Vescovo (e gli ho detto che sono pagana:-) che si trovava lì e il cantautore ha cantato, insieme al vescovo (a sua richiesta) e un prete minuscolo, carinissmio 'O sole mio', quante risate. Come ci ha ricordato il nostro amico, tu eri una donna scherzosa e bisogna ricordarti con gioia e allegria ed è vero, amica mia. Rimmarai per sempre nel mio cuore.





"

25/02/11

Lanterna Magica


Scrissi su un altro forum: "L'altra sera ho fatto una scoperta. Se spengo la luce e lascio la camera illuminarsi soltanto dalla lanterna (opera di mio babbo) ho la sensazione di essere dentro una gigantesca lanterna, le ombre di essa coprono le pareti ed il soffitto. Fantastica illusione o un saluto di babo?"
Uno dei commenti (dell'amico E) mi ha rallegrato molto: "È uno dei sistemi per trasferirsi nel mondo dove abbiamo smarrito qualche oggetto che non troviamo più o dove vivono le persone (anime ingenere) a cui eravamo affezionati etc. etc. Lewis Carrol pone l'entrata nello specchio imbrogliando i lettori perché lui ha utilizzato la vera entrata, ovvero lo specchio....d'acqua. Una delle entrate è, appunto, la lanterna...

23/01/11

Il ladro generoso che mi ha ispirato a dipingere


A volte, avendo voglia di dipingere si gira un po' in casa, in cerca di oggetti o d'ispirazione. Tirando fuori uno dei cassetti in cucina ho trovato il coltello e mi veniva in mente come è finito nelle mie mani. Anni fa, nella mia allora abitazione, è stato un furto, il ladro aveva forzato la porta che portava alla cantina dove si trovavano i depositi degli inquilini. A dire la verità, nemmeno una delle mie cose era riuscita ad attrarlo, al contrario, aveva lasciato un telecomando e questo coltello che alla fine mi diventava utile. Grazie.
Anche la cornice (e un'altra altrettanta bella) non serviva più al suo possessore, il mio collega l'ha trovata nella spazzatura e ha subito pensato...a me:-) A volte ha i suoi vantaggi non essere molto ricca, se poi uno ne riesce ad abbellire la casa o fare un dipinto, anche meglio.
Ho scoperto una cosa, gli oggetti li dipingo come li vedo anche se spesso escono storti e squilibrati ma io sono una volta fatta così comunque rispecchiano in qualche modo la mia personalità ma la cosa che davvero mi stupisce sono i colori. Se dipingo un oggetto come lo vedo io, i colore che finisce sulla tela spesso non ha niente a che fare con il colore "autentico" dell'oggetto in questione. I colori invece rappresentano davvero quello che sento, mi chiedo spesso come mai è così e a volte anche cosa significherebbe, come interpretare l'argento, il rosso, l'opaco che ho scelto io invece dell'oro, il verde o il trasparente che ha scelto qualcun'altro?

15/01/11

Donna nuda e poesia di Carol Anne Duffy tradotta in italiano e un tentativo di tradurla in svedese

Tempo fa ho fatto un dipinto di una donna nuda sdraiata su non so qualcosa e pochi giorni dopo una foto di un quadro di un maestro di un "Nudo di donna in piedi" ha tirato la mia attenzione, il dipinto doveva illustrare una poesia di Carol Anne Duffy

C'era la poesia in lingua originale accompagnata dalla traduzione di Giorgia Sensi Graziani, entrambe bellissime. Non so perché ma ho subito sentito la voglia di tradurla anch'io, e l'ho fatto, per bene o per male, non so. Voglio sottolineare che è una traduzione non autorizzata. Ecco tutte e tre:



Standing Female Nude (Carol Anne Duffy)



Six hours like this for a few francs.

Belly nipple arse in the window light,

he drains the colour from me. Further to the right,

Madame. And do try to be still.

I shall be represented analytically and hung

in great museums. The bourgeoisie will coo

at such an image of a river whore. They call it art.



Maybe, he is concerned with volume, space

I with the next meal. You're getting thin,

Madame, this is not good. My breasts hang

slightly low, the studio is cold. In the tea-leaves,

I can see the Queen of England gazing

on my shape. Magnificent, she murmurs,

moving on. It makes me laugh. His name



is Georges. They tell me he's a genius.

There are times he does not concentrate

and stiffens for my warmth.

He possesses me on canvas, as he dips the brush

repeatedly into the paint. Little man,

you've not the money for the arts I sell.

Both poor, we make our living have we can.



I ask him, Why do you do this? Because

I have to. There's non choice. Don't talk.

My smile confuses him. These artists

take themselves to seriously. At night I fill myself

with wine and dance around the bars. When it's finished

he shows me proudly, lights a cigarette. I say

Twelve francs, and get my shawl. It does non look like me.



Nudo di donna in piedi



Sei ore così per pochi franchi.

Culo tette pancia alla luce della finestra,

me lo toglie tutto il colore. Un po' più a destra,

Madame. E cerchi di star ferma.

Sarò ritratta nei particolari e appesa

nei grandi musei. La borghesia andrà in visibilio

davanti al quadro di una puttana del Lungosenna. La chiamano Arte.



Sarà. Lui si preoccupa di spazio e volume.

Io della cena. È dimagrita,

Madame, non va bene. Ho il seno

un po' cadente, lo studio è freddo. Nelle foglie del tè

vedo la Regina d'Inghilterra che osserva

la mia figura. Magnifico, mormora,

e passa oltre. Mi viene da ridere. Lui si chiama



Georges. Dicono che sia un genio.

A volte non ci concentra

e il mio calore lo eccita.

Mi possiede sula tela affondando

più volte il pennello nel colore. Poveruomo,

non li hai i soldi per le arte che vendo io.

Poveri entrambi, tiriamo avanti come possiamo.



Gli chiedo, Perché lo fai? Perché

devo. Non ho scelta. Non parlare.

Il mio sorriso lo confonde. Questi artisti

si prendono troppo sul serio. La sera mi riempio

di vino e ballo nei bar. Quando è finito

me lo mostra con orgoglio. Si accende una sigaretta. Io dico

Dodici franchi e prendo lo scialle. Non mi somiglia.



(Traduzione di Giorgia Sensi da: Carol Anne Duffy, La donna sulla luna, a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti, Firenze, Le lettere, in corso di pubblicazione.)



Nakenstudie av stående kvinna



Sex timmar så här för några ynka franc.

Mage tuttar ända i fönsterljus,

han tömmer mig på färg. Lite längre åt höger,

Madame. Och försök att stå still.

Jag ska betraktas i minsta deltalj och hängas upp

på de fina museerna. Borgarbrackorna ska kuttra gillande

inför bilden av en hora vid flodstranden. De kallar det för konst.



Kanske. Han är upptagen av rymd och volym,

jag av nästa måltid. Ni börjar bli mager,

Madame, det är inte bra. Mina bröst börjar hänga

något, ateljén är kall. I tebladen

ser jag Englands drottning som kisande betraktar

min figur. Magnifikt, mumlar hon

och går vidare. Det får mig att skratta. Hans namn



Georges. Det sägs att han är ett geni.

Det finns stunder då han inte koncentrerar sig

och blir upphetsad av min värme.

Han äger mig på duken, när han doppar penseln

gång på gång i färgen. Lille man,

du har inte råd med den konst som jag säljer.

Fattiga båda två, hankar vi oss fram så gott det går.



Jag frågar honom, Varför gör du detta? För att

jag måste. Det finns inget val. Prata inte.

Mitt leende förbryllar honom. Dessa konstnärer

tar sig själva på alltför stort allvar. Nattetid så fyller jag mig

med vin och dansar i barerna. När det är fullbordat

visar han mig stolt, tänder en cigarrett. Jag säger

Tolv franc, och tar sjalen. Det liknar inte mig.



(Översatt till svenska av Karin Helena Vikström.)

12/08/10

Karen Alkalay-Gut, Danza del ventre a Tel Aviv - Belly Dancing in Tel Aviv


Dire che un libro è scorrevole, sarebbe una cosa negativa? Non so, a volte mi pare di sì, leggendo recensioni su aNobii, voglio solo dire che ho finito "Danza del ventre a Tel Aviv" in meno do 24 ore, di sicuro richiede più di una rilettura ma una volta cominciato non potevo più fermarmi.

Posso constatare che la poetessa mischia alla grande, non ha uno stile unico, ci ho trovato delle poesie bellissime, tenere come "La nudità di mio padre" e delle cose che mi hanno lasciato completamente indifferente, p.es. "Vestirsi per i ricevimenti" della serie "fra donne si capiscono" (non ci credo per niente). Alcune come "Dopo" le vorrei definire miniracconti invece di poesie ma in quest'ultimo caso ne servivano due pagine. Inutile menzionare che la poetessa vive nella terra dei conflitti eterni e certo che questo influenza alcune delle poesie ma non "sfrutta" la situazione, ne per farsi vittima ne per giudicare altri. Un'altra cosa che ho notato è che molte scrittrici americane che hanno raggiunto una certa fame nel mondo letterario hanno adoperato uno stile quasi maschile, soprattutto quando si tratta di scrivere sulla sessualità, spesso usano un tono beffardo che trovo difficile di apprezzare, sarà che sono una donna troppo pudica oppure incapace di capire che il sesso spesso è una metafora per qualcosa altro.

Leggendo un libro di poesia tradotto verso un'altra lingua - non è la prima volta che lo faccio - mi dà un doppio piacere, anche perché la mia lingua materna non è una di quelle nel libro, così diventa anche un libro didattico per me. Ho scoperto che faccio spesso un paragone, in quale lingua si mostri più bella o interessante la poesia? Qui ho trovato alcune che definitivamente (secondo il mio modesto parere) suonano meglio in italiano, "Incantesimo contro l'insonnia" è una di queste, semplicemente meravigliosa.

Quello che mi è piaciuto di più della poesia di Karen Alkalay-Gut è il suo senso di umorismo che mostra un po' dapertutto, anche nelle poesie più impegnative. La ringrazia anche pubblicamente per "Sympathy for the devil" - io avrei lasciato il titolo in inglese anche nella traduzione italiana - che mi ha fatto ricordare una delle più belle serate della mia vita, un concerto con i Rolling Stones allo Stadio Olimpico a Stoccolma. Il clou della serata era indiscutibile vedere Mick Jagger emergere dal sottoterra, in una nuvola di fumo, col suo bastone in mano e il cappello a cilindro in testa, muovendosi come sa fare solo lui al ritmo dell'intro della mia canzone preferita. Quasi, quasi sognerò anch'io di Mick stanotte come l'amica di Karen. Ammetto che mi contraddico, non apprezzando le poesie sul sesso ma a volte servono davvero, parliamo del cantante de "The biggest rock'n rollband in the world" (così vengono sempre introdotti ai concerti) mica un Don Giovanni qualsiasi:-)
Karen Alkalay-Gut: Danza del ventre a Tel Aviv, a cura di Johanna Bishop e Andrea Sirotti
Titolo originale: Belly Dancing in Tel Aviv. Poems of Love and Survival.

07/02/10

Anche i drogati sanno apprezzare una Volvo


Rientrando a casa ho imboccato una stradina, una scorciatoia, e già da lontano ho individuato tre "tipi", drogati pensavo fra me e avvicinandomi a loro ero anche più sicura del mio giudizio. Niente, stavano parlando fra di loro, gesticolando, fumando, alzando le voci. A un certo punto uno di loro ha tirato fuori dalla tasca una macchinetta digitale e si è allontanato dagli altri due un due, tre metri. Trovandomi più vicino al gruppetto ho proprio sentito di che cosa stavano parlando. "Ragazzi, questa è una rarità, non tutti i giorno si trovano esempi come questa bellezza." Si trattava di una Volvo 142, color turchese e il tizio ha scattato una foto della "bellezza" con i due altri accanto. Non so perché ma mi sono emozionata un po', pensando che anche loro per cui quasi tutto il giorno tratta della caccia alla dose giornaliera sanno anche apprezzare il valore e la bellezza di una vecchia Volvo.

31/12/09

Tanti auguri di un sereno e felice 2010


Concludo questo anno con la stessa poesia con cui l'ho iniziato, ma la foto è un'altra. Sempre scattata nel mio paesello al Nord ma devo dire che questa costruzione mi sembra più stabile, più solida rispetto a quella del primo gennaio, se guardate bene scoprirete anche l'albero di Natale tra le colonne. Era una serata magica, ho fatto una passeggiata e ho trovato tutto innevato, gli alberi, le case, le strade. Il silenzio era totale. La poesia è di Edith Södergran, poetessa finnosvedese, purtroppo non so chi l'ha tradotta in italiano. Spero che anche il mio nuovo anno sarà più solido, più stabile.
Auguro a tutti un Felice e Sereno 2009.

IL MIO FUTURO

Un capriccioso attimo mi rubò il futuro,
messo insieme per caso.
Io lo costruirò molto più bello come lo pensavo al principio.
Io lo costruirò sul quel solido suolo
che si chiama la mia volontà.
Io l'alzerò sui pilastri alti che si chiamano i miei ideali.
Io lo costruirò con un passaggio segreto che si chiama la mia anima.
Io lo costruirò con una torre alta che si chiama solitudine.

Edith Södergran, La terra che non è
1919

MIN FRAMTID

Ett nyckfullt ögonblick
stal mig min framtid,
den tillfälligt hoptimrade.
Jag skall bygga den upp mycket skönare
såsom jag tänkt den från början.
Jag skall bygga den upp på den fasta marken
som heter min vilja.
Jag skall resa den upp på de höga pelare
som heta mina ideal.
Jag skall bygga den med en hemlig lönngångsom heter min själ.
Jag skall bygga den med ett högt torn
som heter ensamhet.